Boom del private equity in Europa: potrebbe essere l’alternativa alle Borse?

I mercati emergenti sorprendono ancora una volta i listini del secondo semestre, mentre i tassi posti a zero spingono gli asset illiquidi del Vecchio Continente.

Dall’ultima conferenza ne esce fuori un rapporto annualeAlternatives in Europe”, che viene realizzato in partnership con Amundi. La stessa industria degli asset alternativi continua a crescere con una massa complessiva per 1.620 miliardi di euro con una crescita di 300 miliardi in 3 anni.

Questo mondo non è semplice e allo stesso tempo è molto variegato; al suo interno sono compresi anche gli hedge funds e le infrastrutture come anche le immobiliari, passando per il private dept.

Cos’è il private equity?

Si tratta di un sistema di investimento proposto a larghe mani dall’industria finanziaria; in breve rappresenta l’attività mediante la quale un soggetto (solitamente investitore istituzionale) rileva delle quote di una società definita “obiettivo”.

Di questa acquisisce azioni da terzi o sottoscrive azioni di nuova emissione. In pratica si tratta di apportare capitali senza una quotazione in Borsa.

La corsa del private equity

Sono gli hedge fund ancora oggi che continuano a rappresentare la parte più ampia del mercato degli investimenti. Essi si presentano come alternative a quelli legati al vecchio continente, dove contano 608 miliardi di euro.

Allo stesso tempo, però, si deve registrare una diminuzione dell’industria degli ultimi 12 mesi lasciando spazio al private equity che potrebbe diventare l’asset class più consistente dell’area con ben 559 miliardi di euro.  Si conta che ad oggi l’obiettivo della strategia intrapresa è senza dubbio quella di portare nuove aziende sui listini.

Il net cash flow degli investimenti in private equity continua a essere positivo dall’ormai lontano 2013. Il buy out rappresenta invece la voce preponderante delle operazioni di questo segmento.

Lo scorso anno, ha fato registrare un anno di vero record con la conclusione di accordi di private capital, con transazioni che hanno superato i 374 miliardi di euro.

Il private debt, cresce ancora?

Tutti i segmenti legati al private debt mostrano  segni di dinamismo. Se analizziamo il 2018, possiamo notare come esso si riflette nei primi mesi del 2019 con un segno positivo, superando i 13 miliardi di euro e una netta preponderanza del Regno Unito. In termini aggregati il canale più utilizzato è quello del direct lending, ovvero di erogazione diretta di credito alle aziende da parte di soggetti non bancari.

Anche se oggi essi fanno registrare una chiusura con segno positivo, i fondi degli alternative stanno rallentando e stanno facendo registrare un calo delle loro performance. In questo primo semestre del 2019 tutti i fondi sono stati nettamente battuti dall’indice Eurostoxx 50.

I fondi con sede in Europa, stanno facendo registrare pesanti deflussi con un “meno 22 miliardi” di dollari nell’ultimo trimestre del 2018.

Infine, non possiamo non notare come le prospettive per il settore immobiliare europeo restano positive, anche se al momento tutto il settore ha risentito dell’effetto Brexit e del drastico ridimensionamento del mercato.

Qual è il ruolo dell’Uk e dell’Italia?

Purtroppo il mercato degli asset alternative ha il suo epicentro in Gran Bretagna, anche se da qualche tempo deve fare i conti con la Brexit. Oggi, con ben mille miliardi di euro, Londra rappresenta il 54%  di tutti gli asset gestiti in Europa.

L’Italia invece si trova a debita distanza, con 27 miliardi di asset, dove si registra un private equity e un venture capital che fa da padrona.

Perché cresce l’appeal degli investimenti alternativi?

Purtroppo non è difficile comprenderlo; di fronte alle incertezze delle Borse e del mercato obbligazionario, non può che crescere l’appeal degli investimenti alternativi in Europa, i quali hanno raggiunto asset per ben 1.620 miliardi di euro nel mese di giugno 2018.

Possiamo quindi dire che gli hedge fund rappresentare ancora oggi la fetta più grossa del mercato degli investimenti alternativi europei. Lo stesso mercato si concentra nella maggior parte dei casi in Gran Bretagna, dove si contano quasi 1000 miliardi di euro.

Ovviamente non possiamo non segnalare che ci sono dei segni di dinamismo che arrivano dal segmento del private debt, dove il valore delle operazioni nel 2018 e nel primo trimestre del 2019 ha superato ben 13 miliardi e i fondi hedge, nonostante il rallentamento degli ultimi trimestri, restano ancora oggi in vetta alla classifica e dominano su tutte le categorie degli investimenti alternativi.

Secondo Blackrock, leader nella gestione del risparmio, ben il 47% della clientela oggi si ritrova a voler ridurre l’esposizione all’azionario e quindi rifugiarsi nel “private equity”. I motivi sono differenti e vanno dalla bassa volatilità ai rendimenti maggiori e costanti nel tempo alle minori operatività.

Certamente si potrebbe trattare un entusiasmo eccessivo, perché no, ma resta il fatto che essi possiedono una forte competitività soprattutto quando si tratta di acquisire società di “private equity” rispetto alle classiche quotate in Borsa.

Ecco che ne deriva anche il fenomeno della fuga dai listini; si tratta di un trend inequivocabile negli Usa che sta cominciando a verificarsi anche da noi, per motivi soprattutto legati all’instabilità delle quotazioni e di riduzione dei costi.

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