Disoccupazione americana quasi al 5%: minimo storico dal 2008

La disoccupazione negli States continua a scendere, nonostante vi siano forti rimostranze da parte del settore agricolo che sta rallentando la creazione di nuovi posti di lavoro. Nel mese di gennaio 2016, gli Stati Uniti hanno registrato ben 151mila nuovi addetti, un dato che si propone però minore rispetto ai mesi precedenti e che può essere ricondotto alla decelerazione che hanno subito alcuni settori, come l’istruzione privata, i trasporti e anche l’apertura di contratti a tempo determinato.

Gli analisti si aspettavano infatti almeno 190mila nuovi posti di lavoro con un tasso di disoccupazione stabile al 5%. Così non è stato, ma la disoccupazione è scesa in questi primi periodi del 2016 a limiti storici, che non si registravano dal 2008, anno della grande crisi. Nel 2008, prima del fallimento della Lehman Brothers che avrebbe dato il via a una nuova era per l’economia globale, la disoccupazione negli States era infatti pari al 4.9%. Si tratta di numeri importanti, che hanno permesso al presidente Obama di sottolineare come l’economia del suo paese sia la più forte del mondo, abile nel generare 14 milioni di posti di lavoro negli ultimi sei anni.

La creazione di nuovi posti di lavoro si è quindi assestata dai 292mila registrati nel mese di dicembre alle 262mila unità del nuovo mese di gennaio, circa 10mila unità in più rispetto al mese di novembre dello scorso anno. I fattori da considerare sono in questo caso molti, perché il mese di dicembre è legato alle festività e porta con sé molte occasioni di lavoro dal carattere temporaneo, che fanno lievitare le percentuali di riferimento, visti i grandi numeri degli States.

Anche i salari medi hanno registrato una buona crescita e questo dato è significativo del periodo di salute che sta vivendo l’economia americana. Si tratta di un aumento minimo ma significativo dello 0.5%. Questi dati non si propongono solo positivi in termini economici interni, ma potrebbero rappresentare l’ago della bilancia per le future scelte della Federal Reserve di aumentare il costo del denaro.

È infatti importante comprendere che la Banca Centrale degli Stati Uniti si sta rivolgendo alla piena occupazione. Il ragionamento è logico, perché se le persone lavorano, i salari di conseguenza aumentano, e questo dato di fatto potrebbe generare delle pressioni inflattive sull’economia globale. Da qui potrebbe quindi nascere la decisione di alzare i tassi di interesse per far circolare meno denaro e riequilibrare quindi il flusso economico nello Stato. Ma la Federal Reserve deve anche tenere conto della situazione internazionale che stanno vivendo i mercati, quindi si tratta di una decisione molto attesa e che richiederà decise valutazioni dai numeri uno dell’istituto, per il bene dell’economia statunitense ma anche dell’intero pianeta.

 

 

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