Spread sotto quota 100 punti: l’Italia volta pagina

Il rischio che l’Italia vada a picco a livello economico è ormai quasi inesistente per gli investitori: lo spread che lo scorso venerdì è sceso sotto i 100 punti base, nel rapporto tra Btp italiani e Bund tedeschi, lo testimonia definitivamente. I titoli di stato italiani rendono ormai appena l’1,32% sul mercato secondario (che comunque in una situazione di inflazione quasi 0, fa sì che restino un investimento più che accettabile), le aste tenute dal Tesoro italiano denotano sempre percentuali al ribasso e, per intenderci, già l’ex ministro dell’Economia Saccomani aveva pronosticato 2 anni orsono, che una volta a arrivati a 100 punti di spread, la crisi italiana si sarebbe potuta definire definitivamente superata.

La soglia psicologica è ormai superata, e venendo ai dati concreti, la Corte dei Conti in base a questi tassi d’interesse ha stimato un risparmio per lo Stato che potrebbe arrivare a superare i 6 miliardi di euro solo nel 2015, rispetto alle previsioni fatte soltanto qualche mese fa.

Alcuni addetti ai lavori sono convinti che il livello dello spread ora sarebbe perfino troppo basso. Ma il merito del risultato spetta in parte anche alle mosse della Bce, che ha deciso di acquistare titolo di stato europei, tra cui quelli italiani appunto, e di immettere di conseguenza parecchia liquidità sui mercato.

Tra gli altri fattori che hanno prodotto negli ultimi tempi un’accelerata nella diminuzione dello spread, possiamo ricordare: la crescita del Pil Usa nel quarto trimestre del 2014 al 2,2%, la situazione della Grecia che ora fa meno paura (la Germania e tutta l’Ue, dopo settimane di estenuanti trattative, hanno accettato di destinare il nuovo piano di aiuti al paese Ellenico) e l’Italia che pare uscita dalle sabbie mobili più pesanti della crisi (anche se i cittadini non se ne sono finora accorti!).

Sul fronte delle materie prime, salgono petrolio ed oro. Il greggio Wti si muove in rialzo a New York, dove le quotazioni salgono del 2,35% arrivando fino a 49,28 dollari al barile. Per quanto riguarda il Brent, si aprono le porte addirittura al maggior recupero mensile da sei anni a questa parte. In rialzo anche l’oro, in crescita soprattutto per la ripresa della normale attività lavorativa in Cina.

 

Giancarlo Sali
Scrittore e Giornalista Freelance

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