Adidas: addio alla Cina, si ritorna a casa?

Non più Made in China, ma un ritorno ai paesi di origine, dove i brand sono nati e dove, per varie ragioni, vogliono tornare. Questa è la notizia che accomuna molte aziende impegnate nel ramo della moda, ma anche società che nel corso del tempo hanno deciso di localizzare la produzione in Cina o nei paesi esteri asiatici, attratti dal basso costo della manodopera.

Fra essi vi è Adidas, brand adorato in tutto il mondo che lavora nella produzione di attrezzature, abbigliamento e scarpe per lo sport e il fitness. La storia di Adidas è alquanto gloriosa, forte di un passato storico e di un’estetica che, nel corso degli anni, è diventata un punto di riferimento per tante generazioni, su tutte gli anni ’90 che l’hanno eletta a brand di culto.

Le bande laterali ritornano quindi ad Ansbach, dove nel 1946 Adi Dassler fondò l’azienda. La produzione era stata portata in Cina e ora l’azienda tedesca ha scelto di seguire la felice strada del backshoring. Si tratta di un processo di ri-localizzazione delle linee produttive e delle linee manifatturiere verso il paese di origine. La scelta si inserisce in un contesto che sta coinvolgendo molte imprese europee e anche italiane e il rapporto del Gruppo di ricerca Uni-Club MoRe Reshoring ha riportato 121 casi di backshoring dal 2000 solo nel nostro paese.

Perché Adidas e altre aziende europee hanno scelto di tornare alle origini? Secondo gli esperti si tratta di una scelta che interessa soprattutto il prestigio aziendale. Il mercato dell’abbigliamento è saturo di capi e di accessori di scarsa qualità, prodotti a basso costo nei paesi asiatici e immessi nei mercati europei. Le persone hanno imparo a riconoscerli, a capire che la loro qualità è minima e la loro durata davvero scarsa nel corso del tempo. Chi spende poco spende tanto, perché un paio di scarpe di bassa qualità può durare un decimo di un paio di scarpe prodotte seguendo una filiera controllata e impiegando un controllo qualità di riguardo. Le persone scelgono sempre più il ‘made in Europe’, ovvero la qualità europea che emerge finalmente dalla produzione massiva che avviene nei paesi orientali, dove il costo della manodopera è molto basso e dove spesso si verificano episodi di sfruttamento, anche minorile.

Ecco quindi nascere una presa di coscienza diffusa, che induce i consumatori a scegliere brand che mantengono la loro produzione nel paese di origine. Vi è inoltre una ragione legata alla sicurezza, soprattutto per i capi destinati ai bambini. L’informazione non smette di puntare sulla pericolosità di plastiche, colori e vernici impiegati nei paesi esteri che non seguono la legislatura in merito come l’Europa. Gli abiti e gli accessori possono essere realizzati con plastiche e componenti non salubri, soprattutto per i bambini che ne entrano in contatto e possono sviluppare allergie e problemi alla pelle. Ecco nascere un’attenzione massima per la qualità dei capi e un ritorno all’investimento attento, ovvero l’acquisto di un capo più costoso, ma sicuro e che duri a lungo nel corso del tempo.

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